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Al via la campagna del WWF “ONE MILLIONS PONDS” a tutela delle piccole zone umide

Il WWF con i cittadini a tutela delle zone umide
LE AREE UMIDE - GLI ACCORDI INTERNAZIONALI - Parte la campagna del WWF “ONE MILLIONS PONDS” per la tutela e la sensibilizzazione delle piccole zone umide con al centro il ruolo delle aree urbane. Nel 1997 la Convenzione di Ramsar proclamò il 2 febbraio la giornata mondiale delle aree umide e, a distanza di circa due decenni, con il titolo “Le zone umide per il futuro sostenibile delle città” (Wetlands for the sustainable urban future) l’anno 2018 è stato interamente dedicata al tema degli ecosistemi acquatici che ricadono nei territori urbanizzati. La Capitale e i centri urbani dell’area metropolitana hanno bisogno delle aree umide già presenti e di quelle di neoformazione, tutti possiamo e dobbiamo operare per garantirne la tutela e la conservazione, attuando scelte responsabili e compatibili con un territorio vulnerabile ed esposto a minacce crescenti. Coinvolgeremo gli abitanti di Roma e della Città Metropolitana per aiutarci a conoscere le piccole aree umide presenti sul territorio, magari prossime alle loro abitazioni e condividere  la bellezza e la ricchezza della vita che queste ospitano, le straordinarie ed irrinunciabili funzioni che svolgono per il benessere dell’uomo e dell’ambiente.
 
Il laghetto che si trova nel parco della Mistica
IL DOSSIER DEL WWF ROMA E AREA METROPOLITANA
IL CONTESTO
La Convenzione di Ramsar del 1971 si fonda sul riconoscimento dell'interdipendenza dell’Uomo e del suo ambiente e si pone come forte espressione del volere politico, ad oggi di 169 Paesi nel mondo, di proteggere le zone umide in quanto risorsa di grande valore economico, culturale, scientifico e ricreativo, la cui perdita sarebbe irreparabile.  Come previsto nell’accordo internazionale, le zone umide sono rappresentate dalle distese di paludi, di stagni, di torbiere o di acque naturali o artificiali, permanenti o temporanee, in cui l’acqua è statica o corrente, dolce, salmastra o salata, comprese le distese d’acqua marina la cui profondità, a bassa marea, non eccede i sei metri. Nei circa cinquant'anni a seguire, è stato ampiamente riconosciuto il ruolo cruciale svolto da queste aree naturali nella regolazione del clima, favorendo l'adattamento e la mitigazione agli eventi estremi, nel miglioramento della qualità delle acque e dei cicli idrici nonché nel mantenimento della biodiversità acquatica e palustre. A questo proposito la Convenzione attribuisce agli uccelli migratori acquatici il valore di risorsa internazionale la cui tutela richiede il coordinamento ad ogni livello delle politiche ambientali.
 
Area umida che si trova nell'ansa del fiume morto
Con la ratifica della Convenzione di Ramsar, i Paesi si sono impegnati ad applicare, nelle zone di interesse internazionale identificate, il principio che nel 1971 fu definito di ”uso saggio” delle risorse e che oggi risulta prodromico e analogo agli stessi principi dello sviluppo sostenibile. L'Agenda 2030 del 2015 dichiara, infatti, che lo sviluppo economico e sociale dipende dalla gestione sostenibile delle risorse naturali del nostro pianeta e tra queste vi sono le risorse di acqua dolce alle quali in particolare sono dedicati gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 6 e 15. In particolare nel target 6.6, oltre alla protezione, è prevista anche l'azione di risanamento entro il 2030 degli ecosistemi legati all'acqua comprese le montagne, le foreste, le paludi, i fiumi, le falde acquifere e i laghi, mentre nel target 15.1, i Paesi si impegnano a garantire entro il 2020 la conservazione, il ripristino e l'utilizzo sostenibile degli ecosistemi di acqua dolce terrestri nonché dei loro servizi.  Ma il concetto realmente innovativo che fu affermato a Ramsar nel 1971, si colloca nella convinzione espressa dalle Parti che sia urgente frenare, nel presente e nel futuro, le “invasioni progressive” di queste aree di importanza strategica.  L'invasione progressiva rappresenta ancora oggi una delle cause principali di perdita di tutti gli ecosistemi, in particolare di quelli umidi, dove per invasione si intende il consumo di suolo, l'inquinamento o qualunque altra forma di degrado ambientale che possa pregiudicare le naturali funzioni ecologiche del territorio.
 
Area umida della Cervelletta
LE AREE UMIDE URBANE
Circa la metà della popolazione umana mondiale oggi vive nelle città dove si colloca anche la maggior parte della produzione economica e si prevede che, entro il 2050, nuovi flussi migratori di persone in cerca di lavoro, innalzeranno la percentuale delle popolazioni urbane fino al settanta percento. Con l'espansione delle città cresce la richiesta di nuovi suoli da occupare e di conseguenza progredisce l'invasione antropica a discapito dei servizi ecosistemici che rendono le città più vivibili. I servizi ecosistemici resi alle città, derivano dalla capacità delle zone umide urbane di garantire il corretto funzionamento dei sistemi naturali anche all'interno delle aree antropizzate. Le aree umide urbane sono, ad esempio, in grado di prevenire le alluvioni agendo come serbatoi di raccolta e di rilascio graduale delle acque, come è il caso dei laghi e delle paludi che trattenendo le piogge, frenano il ruscellamento a favore dell'azione di drenaggio dei suoli e dei corpi idrici circostanti e della ricarica delle falde. Proteggono dall'intrusione delle mareggiate fungendo da cuscinetto d'acqua; migliorano la qualità dell'aria mantenendo il clima umido e fresco e favorendo la presenza di vegetazione; filtrano l'acqua che si raccoglie in superficie e trattengono ed eliminano gli inquinanti degli scarichi urbani, industriali e agricoli con la fitodepurazione; assorbono l'anidride carbonica e la trattengono sotto forma di carbonio, mitigando le emissioni e l'effetto serra delle città. Promuovono il benessere delle persone come spazi per il tempo libero e luogo di sensibilizzazione ad una vita in armonia con la natura. Rappresentano mete del turismo, ma anche luoghi didattici dedicati all'accrescimento della conoscenza e della consapevolezza dell'importanza della biodiversità animale e vegetale. Riducono l'inquinamento acustico, atmosferico e favoriscono il contatto con la natura in ambiente cittadino, riducendo lo stress e migliorando la salute della popolazione.
 
Laghetto del parco degli Acquedotti
Nel prossimo futuro le città dovranno fronteggiare un crescente numero di sfide ambientali, sociali ed economiche che saranno esacerbate dai cambiamenti climatici e dalla scarsità delle risorse naturali come acqua e suolo. La sostituzione dei sistemi naturali con quelli artificiali ha avuto come effetto ad oggi soltanto quello di amplificare i processi di degrado e quindi l'intensità e la frequenza dei disastri naturali come alluvioni, inondazioni, dissesto idrogeologico, siccità e surriscaldamento e tutto ciò in aree densamente popolate e con infrastrutture estremamente vulnerabili e poco resilienti ad assorbirne gli impatti. Le soluzioni provengono ancora una volta dalla natura. Il ripristino di ecosistemi  degradati, il riconoscimento di zone umide di neoformazione, l'istituzione di nuove aree protette, la riattivazione dove possibile del normale deflusso idrico con la realizzazione di aree permeabili e di sistemi di drenaggio come la pavimentazione porosa, le aree vegetate, i bacini di bioritenzione, sono solo alcuni esempi di soluzioni basate sulla natura (nature-based solutions) facilmente percorribili e applicabili ai centri urbanizzati.  
LA CAPITALE
La Capitale, grazie alla sua conformazione geologica, favorisce lo sviluppo di aree potenzialmente allagate: ciò è particolarmente vero nelle aree limitrofe alla valle del Tevere, o in quelle in cui i numerosi depositi di limo ed argilla possono agevolare il ristagno di acqua in superficie, dando così origine a pozze d'acqua più o meno temporanee o a prati allagati. In estrema sintesi si possono schematizzare quattro differenti tipologie di aree umide/ambienti igrofili, presenti nel territorio dell'area metropolitana di Roma:
• I tre grandi fiumi “storici” (Tevere, Aniene, Almone),
• Il reticolo idrografico secondario (fossi e marrane, ancora con vincolo paesistico)
• Il reticolo idrografico minore (fossi e marrane, privi di vincolo paesistico)
• Gli stagni e i piccoli laghi naturali e/o artificiali (zone umide, allagate perennemente)
 
La zona umida della Valle della Caffarella nel Parco dell'Appia Antica
Le azioni da intraprendere in merito alla tutela di questi habitat sono differenti, e se le prime due tipologie hanno un qualche tipo di protezione derivante dalla normativa (cod. Urbani o testo unico dell'ambiente), le seconde due sono molto più vulnerabili e a rischio di trasformazione urbanistica e distruzione (casi esemplari sono il tombamento e alterazione della morfologia di fondovalle per i fossi di Tor Carbone e Tre Fontane, in zona roma sud, o la Cava Covalca sulla Laurentina)
I tre grandi fiumi presentano problematiche simili, dovute in gran parte all'estensione del loro bacino idrografico e dimensione: un primo problema è relativo alla qualità delle acque, che ancora risente di scarichi non a norma, dovuto alla profonda trasformazione urbanistica che ha investito l'agro romano negli ultimi 50 anni; in seconda istanza la presenza di micro discariche sulle sponde, dovute ad accampamenti spontanei non regolari o sversamenti frutto di attività illecite, che contribuiscono a generare una percezione negativa di aree con valenza ambientale invece rilevante. Sotto il profilo ecologico, il valore dei grossi fiumi è dato dalle numerose opportunità e differenti ambienti che si vengono a creare, in costante evoluzione. Inoltre, in ambito urbano, i fiumi sono spesso l'unico frammento di territorio con valenza ambientale che è stato risparmiato dall'attività edilizia, ponendosi come aree di continuità ecologica lineare, corridoi funzionali allo spostamento di numerose specie animali (vertebrati e non) e dispersione di specie vegetali.
Il reticolo secondario, presenta caratteristiche analoghe (per tipologia di habitat) ai fiumi già descritti, e confluisce quasi sempre nelle aste fluviali maggiori (Tevere). Sono spesso siti di riproduzione per specie di fauna minore (uccelli, anfibi e pesci); la loro gestione è affidata ai Consorzi di bonifica, che attuando ancora periodiche azioni di devegetazione delle sponde, contribuiscono al loro degrado ecologico. Come i fiumi principali, spesso attraversano le aree urbanizzate e risultano essere gli unici elementi con un certo grado di naturalità, funzionali allo spostamento e alla dispersione di numerose specie.
Il reticolo secondario minore è uno di quei target su cui porre notevole attenzione: si tratta di affluenti minori dei fossi descritti in precedenza, spesso senza alcun livello di tutela ambientale, ma che, grazie alla presenza di sorgenti locali, non ha problematiche rilevanti (quali inquinamento chimico o di acque reflue). Questa tipologia di corpi idrici può ospitare numerose specie legate all'acqua (invertebrati e non),  conservando popolazioni relittuali di interesse conservazionistico. Un'opera di conoscenza, mappatura e monitoraggio di tali elementi può incidere sulla pianificazione anche a livello urbanistico.
Gli stagni e i piccoli laghi naturali e/o artificiali: numerosi cantieri abbandonati presenti nella città hanno intercettato la falda superficiale, al punto che su di essi sono sorti ecosistemi palustri; ambienti del genere sono una diversificazione dell'ambito dell'ecosistema urbano, ponendosi come elementi qualificanti la rete ecologica cittadina: tali aree possono essere considerate a livello locale come potenziali “stepping stones”, ovvero pietre da guado, per numerose specie di avifauna, batracofauna ed erpetofauna, che altrimenti non potrebbero sopravvivere nell'ambiente urbanizzato.  Ad oggi manca un elenco completo di questa tipologia di zone umide, che rischia di essere cancellata in caso di ripresa delle attività di trasformazione urbana. Una categoria minore di questa tipologia, potrebbe essere quella dei fontanili della campagna romana, una volta diffusissimi, che potrebbero ad esempio essere utili alla riproduzione di specie di anfibi.
 
Il lago di villa Pamphili
La fauna che possiamo trovare è decisamente diversificata e anche poco comune: a titolo del tutto esemplificativo, si possono elencare le popolazioni relittuali di granchio di fiume presenti presso i cunicoli romani del Foro o nei fossi in alcune aree protette come il Parco Regionale dell'Appia Antica o la Riserva Naturale Regionale Laurentino Acqua Acetosa, le popolazioni di tritone crestato e tritone punteggiato delle pozze temporanee della Riserva Naturale Regionale di Decima Malafede o di quella della Tenuta dei Massimi, le popolazioni di rospo smeraldino o raganella rinvenute presso gli Ex Mercati Generali o (caso limite) presso alcune piscine all'aperto sulla Statale Pontina, altezza Spinaceto. Sono numerose le specie di anfibi e rettili che si rinvengono, distribuite anche a distanze molto significative, come sono decisamente numerose ed interessanti le popolazioni relittuali di specie di pesci (ghiozzo di ruscello, spinarello, rovella), che ancora persistono in tratti di fosso non alterati da devegetazioni o lavori di manomissione degli alvei, la salvaguardia del patrimonio genetico delle quali dovrebbe essere prioritaria, al fine di contrastare la progressiva invasione di specie aliene e ecotipi non locali. In ultima analisi, l'avifauna legata alle zone umide, mostra decine di specie che quotidianamente utilizzano questi ecosistemi per vari scopi: riproduttivo, come risorsa trofica, come rifugio. Un esempio rappresentativo è costituito dagli ardeidi, airone bianco maggiore, cenerino, garzetta e dall’airone guardiabuoi, diffusissimo soprattutto dove ancora presente l’allevamento delle pecore. Una prima indagine svolta dal WWF Roma e Area Metropolitana, ha  individuato circa 50 esempi di aree umide minori, di origine antropica, che si sono formate a seguito di lavori in cantieri edilizi o in aree di estrazione e vecchie cave, oppure costruiti appositamente in aree naturali: tali aree minori hanno la caratteristica di avere margini spesso irregolari e sponde ripide e sono state presto colonizzate dalle specie tipiche della vegetazione ripariale (lisca maggiore, cannuccia di palude, giunco, salice, pioppo nero, pioppo bianco).
 
La zona umida sorta nel cantiere degli ex Mercati generali di Via Ostiense
IL CASO DEL LAGO EX MERCATI GENERALI
Area di neoformazione, nasce in seguito ai lavori per la demolizione e ricostruzione dell'area degli Ex Mercati Generali, presso via Ostiense iniziati nel 2008-2009: sono state accertate da anni le nidificazioni di germano reale, mentre numerose testimonianze segnalano la presenza nelle aree immediatamente adiacenti di esemplari sporadici di rospo smeraldino, che verosimilmente potrebbe riprodursi in quest'area. Il piccolo lago, di circa 2000-2500 mq di estensione, dipende fortemente dalle acque meteoriche, d’inverno risulta più esteso. Sono presenti estesi popolamenti di cannuccia di palude ed esemplari isolati di pioppo nero, salice e pioppo bianco. È di particolare rilevanza la “memoria” storica di questa nuova area umida, che di fatto ripristina quanto scomparso in seguito all'espansione edilizia di fine 800 - primi 900, allorquando si cominciò a costruire lungo l'asse della via Ostiense, cominciando ad alterare l'aspetto di valle alluvionale e deviare o canalizzare il fiume Almone, che scorreva a pochi metri di distanza dal sito, e che fino ad allora poteva esondare nella campagna circostante.